In questa era digitale il ricordo è qualcosa di molto tangibile. Abbiamo tracce digitali di tantissimi momenti che viviamo. Fare una foto non costa pressoché nulla. Siamo pieni di istantanee digitali della nostra vita. I social poi ci ripropongono ciclicamente molti istanti passati, che ci piacciano o meno. Ne so qualcosa io, non per niente mi ritengo un collezionista seriale di ricordi al limite dell’ossessivo. Ma mi piace proprio eccedere in questo aspetto. Amo riguardare dopo anni e ricordare. Terabytes di foto, audio, filmati, ecc. Tutti ovviamente replicati per non correre il rischio di perderli.
Questa sera però sono rimasto colpito da anziano signore. Uno di quei 150 sfollati che un bel giorno si è visto costruire sopra la propria casa un ponte enorme, quello che oggi chiameremo senza ombra di dubbio ecomostro. Forse proprio alla sua casa hanno addirittura tagliato un pezzo di tetto per farci stare una trave del ponte. Quella via, la Walter Fillak, triste sorte. Quale insana idea costruire un ponte di quelle proporzioni sopra delle case. Ma erano altri tempi, erano gli anni 60. Chi si poteva opporre a queste cose? Non certo umili abitanti di un quartiere popolare le sorti dei quali non interessavano a nessuno. E quel signore apparso in TV questa sera era uno di questi e lo si capiva. Ha detto poche parole, piangendo con dignità di fronte alle telecamere. Piangeva non per fare il caso umano o perchè qualcuno lo ha spinto a farlo. Piangeva proprio con il cuore, da dentro. Dal 14 agosto non è più potuto rientrare nella propria casa e probabilmente non potrà più farlo. Piangendo ha parlato di foto, rimaste nella casa, di una gita a Venezia. Molto probabilmente una delle poche o forse l’unica gita fatta da quell’uomo. Un rullino di fotografie analogiche, ognuna più preziosa dell’altra, perché allora non si scattava all’impazzata, ogni foto costava. Questo lo ricordo anche io, nel periodo scolastico non potevo permettermi di svilupparle e facevo fare solo i provini a contatto. Ogni foto stampata era un bene prezioso. In quei pochi secondi in cui è apparso sullo schermo ho provato una forte emozione per quell’uomo perché ho capito che la sua ricchezza non è tanto la casa quanto i ricordi e quelle foto lo aiutano a tenerli vivi. Allora spero con tutto il cuore che facciano il possibile per rendergli tutte le sue cose e soprattutto le sue foto, i suoi ricordi. Certamente è un uomo fortunato perché la tragedia poteva finire peggio ma a volte perdere i ricordi è un po’ come morire dentro.
Ricordi di una vita
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