In risposta ad un articolo sul giornale Alto Adige del 25 settembre 2017 ho mandato questa lettera che segue al giornale che poi è stata pubblicata.
L’articolo, una intervista a Vincenzo Gullotta, trattava delle numerose richieste di accertamenti che vengono effettuate presso il servizio psicologico della provincia di Bolzano.
Spett.le Direttore,
leggo con amara tristezza e molti punti interrogativi l’articolo sui bambini iperattivi pubblicato sul vostro quotidiano ieri.
Partiamo dal punto dove si parla del come si fa a capire di avere un figlio iperattivo. Cito testualmente: “Alla facilità a distrarsi, a capacità ridotte o modeste nell’eseguire ciò che viene loro richiesto e difficoltà nel seguire un discorso. Altrettanto frequente è l’interruzione di attività iniziate o la tendenza ad evitare attività che richiedono un particolare sforzo cognitivo. Bisogna prestare particolare attenzione all’incapacità di stare fermi e all’attività motoria non adeguata all’età […]” Credo che questo sia il normale “quadro” di un bambino che cresce. In quelle parole generiche ognuno potrà riconoscere sicuramente qualche atteggiamento del proprio figlio. Forse è l’inadeguatezza di chi sta dall’altra parte (leggi genitori prima e insegnanti poi) che andrebbe messa sotto esame. Siamo sicuri che non ci troviamo di fronte ad un eccesso di “medicalizzazione” nei confronti di ciò che invece dovrebbe essere la normalità e che tutto ciò non sia appunto il frutto dell’incapacità dell’adulto a far fronte ad un cambiamento nel comportamento di chi cresce.
Quelli della mia generazione sono andati a scuola avendo rispetto ma anche paura dei propri insegnanti (e genitori). Chi osava mettersi contro il maestro o l’insegnante? Qualsiasi cosa detta da loro era legge, nessuno osava, neppure i nostri genitori, mettere anche lontanamente in dubbio ciò che dicevano loro. Oggi i tempi sono cambiati. Siamo passati da un atteggiamento passivo nei confronti di ciò che si impara ad un atteggiamento più dinamico e critico. Oggi tutto è in discussione. Nessuno può arrogarsi il diritto di avere verità assolute. Un giusto spirito critico dovrebbe essere la base per una solida cultura.
Mi domando: capacità ridotte del bambino nell’eseguire ciò che viene richiesto o capacità ridotte dell’insegnate ad ottenere ciò che dovrebbe essere in grado di fare? Normale che una attività venga interrotta se non è interessante…potessi farlo io! Evitare attività che richiedono un particolare sforzo cognitivo o nuovamente, attività non adeguate al bambino? Incapacità di stare fermi? O incapacità degli insegnanti di ottenere l’attenzione?
Quello che poi non viene scritto nell’articolo ma è una possibile reale conseguenza di tutto il discorso è la cura con gli psicofarmaci. Sì perché dietro le belle parole di “supporto psicologico” si sottintende proprio questo. Lo psicologo tratta i sintomi come il medico di base tratta i sintomi del raffreddore: una bella pastiglia e via, senza preoccuparsi delle cause.
Per come la vedo io ci troviamo di fronte ad un cambiamento generazionale e culturale importante. Chi soffre di più sono proprio gli insegnanti e forse molti di di loro non sono più in grado di far fronte a questi mutamenti ed ecco che il normale comportamento del bambino diventa “patologico” per poter ricorrere ad aiuti esterni. Ovviamente stesso discorso vale per i genitori, in prima fila con i mutati atteggiamenti. Ma mentre noi genitori di bambini da gestire abbiamo solo i nostri posso anche capire l’atteggiamento di un insegnante che si trovi a dover gestire più bambini non canonicamente “in riga”. Lo capisco ma non lo giustifico. Così come non giustifico questo eccesso di supporto psicologico ai bambini che si sta manifestando in questi ultimi tempi. Basti cercare anche sul web proprio queste parole chiave per trovare decine di articoli (e mica da siti fake news ma dal Corriere, Sole24Ore, Repubblica, ecc.) che trattano proprio di questo argomento perché le statistiche parlano chiaro. Negli ultimi anni è diventato un fenomeno quello di rivolgersi al supporto psicologico. Trasformare un normale comportamento, perché incapaci di gestirlo, in una malattia è un modo per sfuggire alle proprie responsabilità, di genitori prima e di insegnanti poi. Giù le mani dai bambini. Il supporto psicologico dovrebbe essere dato ai grandi non ai bambini.
UPDATE: leggi anche questo articolo più recente
UPDATE 2: Ho un figlio plusdotato, ma non è un genio.
parole tristemente sante