Anno 2023, Provincia Autonoma di Bolzano, si parla di test di ingresso dei bambini per accedere alle scuole di lingua tedesca. Già perché nella ricca e opulenta provincia ci sono scuole tedesche e italiane, farebbe già riflettere questo fatto da solo. Il problema nasce dal fatto che molti genitori di lingua prevalentemente italiana preferiscono far frequentare ai figli le strutture tedesche…così imparano il tedesco (o almeno così credono). In questo modo però i bambini finiscono col parlare la lingua più facile cioè l’italiano. Vero anche che, almeno nel capoluogo, è più facile che siano i bimbi tedeschi a conoscere entrambe le lingue e pertanto si adeguano più facilmente. In fondo ai bambini basta capirsi. I genitori di lingua prevalentemente tedesca si lamentano (giustamente) perché invece di parlare il tedesco scolastico (Hochdeutsch) finiscono col parlare l’italiano. Questo crea anche problemi con gli insegnanti che non sanno più cosa parlare per farsi capire. Ci sono poi anche i figli di stranieri che parlano poco sia l’una che l’altra lingua. Così l’assessora comunale alle scuole Johanna Ramoser propone un test d’ingresso alle scuole tedesche. Soluzione che serve solo a buttare benzina su un fuoco che andrebbe invece spento alla fonte.
Io ho due figli, la prima ha frequentato tutte strutture tedesche in quanto la mamma (la mia prima moglie) è di madrelingua tedesca ed ora mia figlia è perfettamente bilingue. L’altro mio figlio, nato dal secondo matrimonio con mamma che non parla tedesco, invece ha frequentato strutture italiane e ha le sue belle difficoltà col tedesco. A suo tempo avevo scartato a priori l’idea di fargli frequentare strutture tedesche perché parto dal presupposto che una lingua la impari parlandola e se manca in casa qualcuno che parli tedesco l’apprendimento è molto difficile solo con la scuola. Normalmente poi i gruppi di ragazzi che non parlano la lingua della struttura, siano essi italiano o stranieri, vengono spesso “isolati” dalla struttura stessa con fini sì onorevoli di fargli rinforzare la seconda lingua ma con la triste conseguenza di quasi emarginarli. Ricordo poi un fatto che mi ha sempre lasciato basito. L’asilo italiano che frequentava mio figlio condivideva l’area giochi con l’asilo tedesco dall’altra parte dell’isolato e delle transenne delimitavano la stessa per evitare che i bambini giocassero tra loro. Cosa può pensare un bambino in una situazione così?
Se da un certo punto di vista le motivazioni che portano a questi fatti sono condivisibili dall’altro mi chiedo se non sia proprio la strada sbagliata quella che si sta percorrendo.
Quanto ancora in questa provincia bisognerà vivere con questo razzismo linguistico? Fermo restando le valide motivazioni che hanno portato a tutto questo quando si comincerà a smettere di parlare di italiani o tedeschi. Perché non ci si rende conto che ormai dopo generazioni siamo diventati qualcosa di più, qualcosa di speciale come la nostra autonomia. Vuoi definirti altoatesino o Südtiroler? Non importa quale termine usi, però è forse ora di uscire dall’ottica dell’italiano e del tedesco. Ed è propio dalla scuola che dovrebbe partire il tutto. Perché non facciamo una scuola e delle strutture plurilingui dove le ore di italiano e tedesco abbiano lo stesso peso. Le stesse materie potrebbero essere fatte in italiano o in tedesco. Un modello simile a quello dell’università di Bolzano. Ci vantiamo tanto di essere nel crocevia tra il mondo culturale tedesco e quello italiano, perché allora non cominciare dalle basi. Ovviamente andrebbe ripensato completamente il modello didattico, cosa non facile, ma i fondi forse si possono trovare per quello che potrebbe diventare un modello innovativo di territorio realmente multietnico, inclusivo e non divisivo, nel rispetto della storia e di tutti. Forse così si potrebbe smettere di parlare di proporzioni, di dichiarazione di appartenenza all’uno o l’altro gruppo linguistico. Credo che il futuro sia insieme per creare un senso di appartenenza al fatto di essere altoatesino e allo stesso tempo Südtiroler. Riuscire a sentirsi a “casa” in questa provincia senza dover attingere a proclami estremisti e anacronistici. Superare la convivenza e arrivare ad un nuovo senso di appartenenza. Obiettivo che però viene spesso tenuto distante per motivi di interesse politico. C’è chi cavalca la questione etnica per pura convenienza. Noi altoatesini/Südtiroler vogliamo e meritiamo qualcosa in più.
So che è un appello senza risposta ma io ci credo ad un futuro migliore.